Primo post della malcapitata (o fortunata) serie di pensieri e parole di una
intraprendente e aspirante traduttrice alle prese con il mondo, la crisi e l'amore per
l'estero, le lingue e l'interculturalità.
Perché un blog? Semplice.
Sebbene la professione del traduttore sia spesso svolta in modo del tutto
indipendente, il sentimento che ti lascia (oltre alla gioia e all'orgoglio di
giocare con la pragmatica, la semantica, la sintassi e la grammatica di due
lingue) è quello di una completa subordinazione a eventuali autori e/o clienti
che si interessano a far tradurre un determinato testo nella tua lingua.
Per i più avidi questo non rappresenta affatto un problema: nel giro di poco
tempo si adattano e si compiacciono per le brochure, ripetitive e toccanti, o i
libretti delle istruzioni di aspirapolveri che sono soliti tradurre
quotidianamente.
Per chi si occupa di letteratura o simili, la soddisfazione è già maggiore
anche se la condanna al “restare dietro le quinte” è ovviamente inevitabile. Il
nome del traduttore appare appena, se si ha fortuna già nella seconda pagina.
(In Italia abbiamo addirittura la dicitura “traduzione italiana di” che può
farti sentire ancora più piccolo, se non ti sei occupato concretamente della
revisione finale).
Subordinazione, esatto: si dipende costantemente dal volere di qualcun altro
e questo, da una parte, ti rallegra un sacco e ti gratifica (in ogni caso si è
artefici, artisti, scrittori). Ma cosa dire della propria fantasia, qualora se
ne fosse anche solo in parte dotati?
Tradurre è incredibile, ti regala emozioni incredibili. Ogni parola è una
sfida, ogni parola o frase ben localizzata è una sfida vinta. Ogni lode o
complimento è una sfida vinta due volte. Sfide alle quali qualsiasi traduttore
emotivo (me compresa) non potrebbe mai rinunciare.
Quindi la risposta alla domanda è: per bisogno di scrivere. Come e quando mi
pare.
Non sarà alcun “Blog di”, solo pensiero e scrittura libere. Emozioni, idee e
punti di vista tra le culture.
Nella speranza che gli impegni lavorativi me lo permettano e che la fantasia
non mi abbandoni, vi auguro buona lettura!
Erster Beitrag der unglücklichen (oder glücklichen?) Serie von Gedanken und Ideen einer
unternehmungslustigen und ständig mit der Welt und der Liebe gegen das Fremde,
die Sprachen und Interkulturalität beschäftigten, angehenden Übersetzerin.
Warum ein Blog? Einfach gesagt.
Obwohl die Tätigkeit eines
Übersetzers oft selbstständig oder freiberuflich geführt wird, verbleibt oft
ein Gefühl (neben dem der Freude und des Stolzes auf das Lokalisierungsspiel
und Übertragung von der Pragmatik, Semantik, Syntaktik und Grammatik zweier Sprachen) von
totaler Abhängigkeit von einem Autor und/oder Kunden, der seinen Text auch auf
deiner Sprache verteilen möchte.
Für die meisten Habgierigen
stellt das kein Problem dar, kaum haben sie begonnen, haben sie sich schon in
jene leeren und monotonen Broschüren und Gebrauchsanleitungen für Staubsauger verwandelt, die
sie jeden Tag übersetzen müssen.
Beschäftigen sich diese ÜbersetzerInnen mit der
Literatur oder Ähnlichen, dann steigt auch die Zufriedenheit, auch wenn sie zu einem „Hinter-den-Kulissen-Bleiben“
trotzdem verurteilt sind. Der Übersetzername taucht kaum auf, im besten Fall schon auf
der zweiten Seite. (In Italien haben wir auch jene wunderschöne und
befriedigende Bezeichnung der „italienischen Übersetzung von“, die dich selbst
noch kleiner fühlen lässt, wenn du dich nicht mit der endlichen Fassung
beschäftigt hast).
Unterordnung, doch, man hängt
direkt von dem Willen und Wünschen anderer Leuten ab, was dich einerseits viel
Zeit spart und dir trotzdem große Freude schenkt (man ist sowieso Schriftsteller,
Künstler, Überträger), aber was mit der eigenen Phantasie, sollte einer etwas
schon besitzen?
Die Übersetzung schenkt
unglaubliche Emotionen. Jedes Wort bildet eine Herausforderung, jedes gut
lokalisierte Wort oder Satz wird zu einer gewonnenen Herausforderung. Jedes Lob und
Kompliment sind zweimal gewonnene Herausforderungen, auf die jeder bewegter
Übersetzer bzw. ich nie verzichten könnte.
So einfach könnte dann die erste
Frage beantwortet werden: Aus Lust auf das Schreiben. Auf ein unabhängiges
Schreiben. Wann und Wie ich möchte.
Es wird kein „Blog von“ sein, nur
freies Denken und freies Schreiben. Emotionen, Idee, Sichtweisen zwischen den
Kulturen.
Viel Spass beim Lesen!